Pagine

giovedì 27 novembre 2014

Raoul Bova e paola Cortellesi fidanzati per interesse



piano piano, un film alla volta stanno
diventando la coppia regina della giovane
commedia italiana. Stiamo parlando di
Raoul Bova e Paola Cortellesi. Nel giro di
un anno lei ha infilato due successi («Un
boss in salotto» e «Sotto una buona stella»)
e lui tre («Buongiorno papà», «Indovina
chi viene a Natale», «Fratelli unici»). E ora
che si rincontrano sul set (dopo «Nessuno
mi può giudicare» del 2011) giocano pure a
scambiarsi i ruoli. Nel senso che Raoul si farà
addirittura passare per Paola... Ma andiamo
con ordine. Nella commedia di Riccardo
Milani (che, detto per inciso, è il marito della Cortellesi, nonché il regista di «Tutti
pazzi per amore» e «Una grande famiglia»),
Paola interpreta Serena Bruno, una sorta di
supergenio dell’architettura che però scopre
di avere un grosso handicap: è donna. I clienti
tratterebbero più volentieri con un uomo.
E allora perché non spacciarsi per il dottor
Bruno Serena e mandare avanti un sostituto?
Ed ecco che entra in gioco Raoul... Insomma,
una classica commedia degli equivoci con
dentro una punta di bonaria critica sociale.
Tranquillo e imbarazzato lui, trepidante lei:
anche la chimica tra i due funziona. Di sicuro

li rivedremo insieme.

Biagio Antonacci Vi racconto la mia vita vista dal palco.

Ci sono degli anni nell’arco di una vita che non si possono dimenticare.     
Per Biagio Antonacci uno di questi sarà senza dubbio il 2014. 

Assieme a lui proveremo a spiegarvi il perché. A sette mesi dalla pubblicazione dell’album «L’amore comporta» lo incontriamo dietro le quinte del Palalottomatica a Roma, tappa del suo nuovo tour. È il 9 novembre, il giorno del suo 51°  compleanno. L’appuntamento è in camerino pochi minuti prima dello spettacolo.

Intervista
Come ci si sente a festeggiare gli anni in concerto?
«È la cosa più bella per chi, come me, non ama molto le ricorrenze. La mia festa è cantare per il pubblico».


 Siamo in un palazzetto, ma il suo palco sembra
quello di uno stadio.
«Sono orgoglioso di dire che questo è uno dei palchi
più belli della mia carriera. Rappresenta la costellazione dello Scorpione (il segno zodiacale di Biagio, ndr), ha una passerella enorme perché
voglio vedere le persone del pubblico, una per una».
Arriva il microfono e tutte le persone dietro le quinte accompagnano Biagio di fronte ai gradini
che dividono il backstage dal palco: canta 27 canzoni in due ore e mezzo di show. Lo ritroviamo dopo il concerto.

Come si sente?
«Stanco ma con una felicità addosso indescrivibile. Molti artisti finiscono il concerto arrabbiati per le imperfezioni. Io me ne frego».


Che tipo di persone ha visto nel pubblico?
«Non riesco a credere come a 50 anni io possa avere dei fan così giovani. Ci sono bambini, ragazzi. Ma anche mamme e nonne. E pensare che una decina di anni fa ero convinto che il tour di “Convivendo” sarebbe stato l’ultimo della mia carriera».

Invece è tornato negli stadi nello scorso maggio, con
tanti ospiti. E ora la serata di San Siro è diventata un
dvd, «Palco Antonacci».
«È stato tutto così bello che non poteva non essere
documentato. Vedere me, Eros Ramazzotti e Laura
Pausini sullo stesso palco è stato un sogno a occhi
aperti. Ho mantenuto tutte le voci originali, comprese alcune imprecisioni nei testi. Preferivo si sentisse la mia emozione».



E nella copertina più della metà dello scatto
mostra il pubblico.
«È da “Inaspettata” che per le copertine preferisco
scegliere quadri, illustrazioni, rielaborazioni. Tutto
ma non la mia faccia così com’è. Mi sono scocciato di vedere il mio volto in vendita nei negozi. Per questo ho preferito mostrare la gente che era lì per me».

Cosa la emoziona quando scende dal palco?
«L’amore dei miei figli e la mia dedizione per loro
sono la mia fonte di gioia più pura ».

dedicato a suo padre. Cambierebbe qualcosa
di quel testo, oggi?
«In quelle parole c’è tutto quello che c’era da dire sul mio rapporto con lui. È scomparso a maggio, è stato un grande lavoratore con uno scopo: non farmi mai preoccupare di nulla. È da molto tempo che non sento quella canzone, grazie per avermela ricordata. Quando esco da qui, la andrò subito

a riascoltare».

Jennifer Lawrence Ora sono una vera GUERRIERA


Quando ha interpretato il primo capitolo della sagadi «Hunger Games», nel 2012, Jennifer Lawrencenon sapeva che quel film l’avrebbe resa una superstar. Tanto è vero che aveva pensato a lungo dirifiutare il ruolo. Poi sono arrivati un premio Oscar (per «Il lato positivo») e molti altri successi (come «American Hustle», che le è valso un’altra nomination). Ma per il grande pubblico, lei resta e resterà sempre l’impavida Katniss, la ragazza ribelle che da sola sfida la dittatura di Panem, nell’apocalittico universo futuro che fa da teatroalla saga di «Hunger games». E lei lo sa benissimo: «Tornare a vestire i panni di Katniss in “Hunger Games – Il canto della rivolta” è stata per me una
grande emozione» dice «che spero di trasmettere a tutti i miei fan». Del resto «Hunger Games» è ormaiuna pietra miliare e ha segnato l’esplosione di un vero e proprio sottogenere del cinema del terzo millennio, quello della «fantascienza per teenager», con giovani adolescenti impegnati a combatterecontro mostri, alieni o tiranni. Benché abbia appena due anni (ma sei se si contano i libri) la saga vantagià i classici «innumerevoli tentativi di imitazione»: da «Divergent» a «Il gioco di Ender», da «Maze runner – Il labirinto» a «The giver». Ma nessunodi questi ne ha eguagliato gli incassi stratosferici (per ora siamo già a oltre un miliardo e mezzo di dollari per i primi due capitoli). E neppure il cast: nel nuovo film, accanto alla Lawrence, sfileranno di nuovo Donald Sutherland, Woody Harrelson, Stanley Tucci, il compianto Philip Seymour Hoffman, e poi la «new entry» Julianne Moore, che ha il ruolo di Alma Coin, presidente del misterioso Distretto 13 e leader della rivoluzione. «Sì, perché questa volta l’azione non si svolgerà più nell’arena dei “giochi”, ma per le strade di Panem» racconta la stessa Lawrence «e perciò sarà ancora più realistica e più cupa. Finora Katniss era solo una ragazza prigioniera di un gioco più grande di lei, che lottava per salvare se stessa e i suoi cari. Qui invece capisce che da lei può dipendere il destino di un intero popolo. E diventa il punto di riferimento della rivolta contro la dittatura di Panem. Insomma, è qui che Katniss diventa una vera guerriera. E questo mi piace molto. Anche se devo confessare che non è stato facile calarsi nel ruolo. Perché io e Katniss siamo diversissime. Lei è una “tosta” e non si arrende mai. Io, al suo posto, piangerei dalla mattina alla sera, gridando “ho fame”, “ho paura” e “dov’è finita la mia mamma???”». Davvero? A vederla sul grande schermo, dove con il suo arco e le sue frecce incendiarie è capace di abbattere addirittura gli aerei bombardieri, non si direbbe mai. Ma del resto è questo che fa di lei una brava attrice.

Renzo Arbore Mi ci vedete a fare il dentista?


Nessuno lo sa » mi dice Renzo Arbore «ma faccio ancora il dj. In camera mia, di là, preparo compilation di canzoni da sentire in macchina. Mescolo Fats Domino, Diana Krall, Willie Nelson e,
ovviamente, Elvis». Siamo a casa Arbore, tra
collezioni di vinili e pile di cappelli. L’inventore di«Quelli della notte» ricarica le batterie in attesa di una nuova tournée con l’Orchestra Italiana, e intanto gongola per l’ultimo colpaccio discografico, un auto-omaggio di delizie live e chicche dimenticate, intitolato «… e pensare che dovevo fare
il dentista…». «Perché papà avrebbe voluto cheuno dei suoi figli ereditasse il suo ambulatorio» spiega. «Era il miglior dentista di Foggia, usava le canzoni e le barzellette per intrattenere i clienti e quando partiva la risata arrivava l’estrazione. A lui devo la passione per la musica. E il fatto di nonavere paura del dentista...». Del disco nuovo è naturalmente orgoglioso. «Abbiamo voluto celebrare una serie di successi e di soddisfazioni».
C’è la versione di «O paese d’’o sole» eseguita nel 1993 al Radio City Music Hall di New York davanti a Woody Allen e Anthony Quinn («Un concerto memorabile, che fece partire la riscoperta della canzone napoletana classica»), ma anche un duetto jazz con Lucio Dalla nella trasmissione «Doc», un’incisione nuova di zecca di «Ammore scumbinato» («Canzoncina a cui tengo moltissimo e che avevo in testa da anni»), e addirittura Ray Charles che canta «’O sole mio» con l’OrchestraItaliana nel ’94. L’ipotesi di un album di pezzi inediti non è invece contemplata, almeno per il momento: «La passione per le cose nuove ce l’avrei, ma alla mia età la missione è recuperare belle canzoni che rischiano di essere dimenticate, pezzi sfortunati magari nati al tempo dei 78 giri, ma che sono fondamentali e non vanno persi». Di televisione Arbore ne vede sempre tanta: «Spesso però quella di oggi è una tv usa e getta, basata sull’attualità, con interviste e imitazioni: dopo 10 giorni non si può più replicare. Il mio slogan ai tempi di “L’altra domenica” era: “Occorre razzolare nell’inconsueto”. Improvvisando il più possibile. L’ho fatto con Bracardi, Marenco, Boncompagni, Benigni, Troisi. A “Indietro tutta!” Frassica è stato straordinario,abbiamo improvvisato per 65 puntate. Ma quellarazza lì si sta estinguendo, lo dico brutalmente. Di veri improvvisatori oggi c’è quasi solamente Fiorello». Insomma, per il momento niente televisione. «Oggi sperimento sul Web, senzagrande pubblicità. Ripesco cose della tv e del cinemache i ragazzi non conoscono. E mi diverto a fare follie in streaming online come il “Live Show” andato in diretta lo scorso 21 ottobre dal salotto del piano di sopra», due ore di musica e improvvisazioni che hanno avuto 100 mila visualizzazioni.Il sito è renzoarborechannel. tv. Guardatelo, l’ultima rivoluzione di Renzo Arbore comincia da lì.

ballando con le stelle Così nasce la febbre del sabato sera di Milly carlucci


Primo: i bicipiti di Joe Maska hanno qualcosa
di mitologico, talmente mitologico
che sono vietate le foto sia a lui che ai suoi
bicipiti... Secondo: a dispetto delle apparenze,
il giudice più burbero, Guillermo
Mariotto, è in realtà il più richiesto dalle fan per foto
e baci. Terzo: Milly Carlucci è una forza della natura.
In tutto il palazzo dell’Auditorium del Foro Italico a
Roma (due piani e un seminterrato) non si muove
foglia che lei non sappia. Questo è ciò che subito
salta all'occhio in una giornata qualunque di prove
a «Ballando con le stelle». Il resto potete scoprirlo
sfogliando il servizio sullo show di Milly, che ci racconta:
«Arrivo la mattina verso le 11 e, tra riunioni
con gli autori, prove in studio con i concorrenti, la
regia e l’orchestra, il controllo dei costumi e delle
coreografie e la realizzazione delle clip, non riesco
a uscire di qui prima delle 2 di notte». Come avrete

capito, non è stato facile starle dietro!

NELL'ITALIA DEI COMICI VINCE LA LIGURIA

La comicità in Italia è una cosa
sacra: una vera arte di cui
siamo maestri impareggiabili.
Proprio questa settimana ha
chiuso i battenti «Made in Sud»
che vanta ascolti in crescita, oltre il 10%
di share e la conferma di una nuova
stagione in prima serata a marzo. Lo
show di Raidue, patria della comicità
meridionale, con il tempo assomiglia
sempre di più a papà «Zelig» (attualmente
in onda su Canale 5). Dalla nascita
in un piccolo laboratorio, quello del
Teatro Tam di Napoli, fino alla costante
progressione in tv. Tuttavia le risate
televisive hanno anche tanti altri accenti
e così abbiamo realizzato una
mappa per scoprire le regioni più
scherzose, calcolando il numero
di comici presenti oggi sui canali
nazionali in rapporto agli abitanti. A
sorpresa trionfa la Liguria, sfatando il
mito che vuole i liguri chiusi e scontrosi.
Tant’è vero che ormai si parla di «Scuola
genovese», quella da cui già emersero
Paolo Villaggio e Beppe Grillo e che
ora vede proliferare sempre più nomi a
fronte di una popolazione di appena 1,6
milioni. Subito dietro la Lombardia (che
però ha quasi 10 milioni di abitanti),
storica sede di un’altra grande scuola
di cabaret: quella del Derby, il locale
di Milano fondato nel 1962, e del suo
successore Zelig. Ma ecco tutti i nomi
e le regioni d’origine.

                                                   
valle d’aosta

Piero Chiambretti è di Aosta, ma non è un comico in senso stretto...

Piemonte
In prima fila Luciana Littizzetto e
Claudio Bisio (è di Novi
Ligure, seppur milanese
di adozione). Non
dimentichiamo
Federico Basso dei
Boiler, Anna Maria
Barbera, Beppe Braida.

Lombardia
Ale e Franz ma non solo, nella
regione in cui è nato lo Zelig. Ci sono
Giovanni e Giacomo del mitico trio,
Antonio Albanese, Enrico Bertolino,
Marco Della Noce, Raul Cremona,
I Pali e Dispari, Debora Villa,
I Fichi d’India, I Turbolenti,
Leonardo Manera e tantissimi altri.

Liguria
Capofila è Maurizio Crozza,
seguito da una truppa
fittissima: Luca e Paolo,
Antonio Ornano, Maurizio Lastrico,
Giovanni Vernia, Ugo Dighero solo per
citarne alcuni.

Toscana
Tiene botta la terra di Paolo Migone, anche se forse
ci si poteva aspettare di più. Oltre a lui possiamo
ricordare Giorgio Panariello, Paolo Hendel,
Paolo Ruffini già conduttore di 
Colorado, Cristiano Militello e due
super imitatori: Ubaldo Pantani
e Dario Ballantini.

Lazio
Altra fucina di talenti, come Il geniale Corrado Guzzanti e le sorelle Sabrina e Caterina. Inoltre
ci sono Enrico Brignano, Maurizio Battista, il Trio Medusa, Virginia Raffaele, Paola Cortellesi e Lucia Ocone.

Sardegna
All'apparenza un’altra regione
ostica. Eppure da qui arrivano
Geppi Cucciari, il mitico Baz di
Colorado alias Marco Bazzoni e il
trio di Pino e gli Anticorpi con il
loro celebre tormentone
«Pino la lavatrice».

Sicilia







In questi giorni stiamo vedendo
Ficarra e Picone al cinema con
«Andiamo a quel paese». E accanto
a loro nella squadra siciliana non
mancano altri nomi pesanti come
Aldo Baglio, Teresa Mannino,
il Mr. Forest, Giovanni
Cacioppo e la vecchia volpe
Nino Frassica.

Campania

Regione comicissima. Ci sono Gigi e Ross
e Fatima Trotta. Ma nel cast di «Made in
Sud» c’è l’imbarazzo della scelta. Tra i
tanti: Paolo Caiazzo, Enzo e Sal,
I Ditelo Voi, Dario Cassini, Enzo Fischetti. Senza
scordare i maestri, Lello Arena, Francesco Paolantoni e Giobbe Covatta.

Friuli-Venezia giulia
A discapito del cognome
tipicamente sardo,

Angelo Pintus è di Trieste.

Veneto
Scarseggiano i veneti: Natalino
Balasso e Rocco Ciarmoli oggi. In
passato ricordiamo I Gatti di vicolo Miracoli.

Emilia-Romagna
Un’altra delle regioni al top come densità. Innanzitutto lo spassoso Giuseppe
Giacobazzi da Zelig. E parecchi altri: Alessandro
Bergonzoni, Fabio De Luigi, Gene
Gnocchi, il gruppo demenziale dei
Gem Boy, il Duo Idea, Maria Pia
Timo, Paolo Cevoli e Andrea
Poltronieri.

Umbria
Pochi abitanti per il cuore d’Italia e un solo
nome. Quello di Gianni Cinnelli che abbiamo
visto nei Boiler e anche come solista.

Abruzzo
Prima il mitico «Chi è Tatiana?» e poi il
trionfo a «Tale e quale show»:
è Gabriele Cirilli da Sulmona (AQ).

Molise
Maria Di Biase è nata a Montréal
in Canada, ma ha radici molisane.
C’è anche Antonio Cornacchione.

PUGLIA
Fenomenale re degli incassi cinematografici
Checco Zalone. Tuttavia nel
complesso i colleghi pugliesi
non sono tanti: Cinzia Marseglia,
Corrado Nuzzo, Pino Campagna
ed Emilio Solfrizzi i più popolari.

Basilicata
Non un vero cabarettista, ma
sicuramente attore brillante
che fa ridere: Rocco Papaleo,
unico  rappresentante della
sua zona.

Calabria
Franco Neri e Rocco Barbaro
anche se sono nati in Piemonte,
hanno fatto delle loro radici
calabresi una bandiera. Ci sono
anche due coppie: Battaglia
e Miseri (ex Bagaglino) e
Bove e Limardi di Zelig