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venerdì 21 novembre 2014

PEPE IL GATTO DEI MIRACOLI: SE SIAMO VIVI E GRAZIE A LUI

Pepe è un gatto snello e nervoso. Diffidente con tutti, ma fedele ai padroni “come un cane”, assicurano loro. 
La sua pelliccia è bianca e arancio tigrato. 
Se i gatti avessero un dio, Pepe dovrebbe ringraziarlo a ogni pioggia. 
Un anno fa - aveva forse una settimana di vita - Domenico Priano, 38 anni, e la sua compagna, Orietta Bruzzone, 38 anni pure lei, lo
salvarono dalle acque di un torrente del ponente di Genova, il rio Branega, modesto corso che a ogni pioggia autunnale torna a ruggire. Pepe, adottato dalla famiglia Priano, nel suo primo anno di vita è cresciuto libero nel giardino a fasce (i tipici gradoni della collina coltivata ligure) della casa dei suoi salvatori, in via Montecucco, sulle alture genovesi. Solo con l’imbrunire era solito tornare a casa, per ristorarsi al caldo, mangiare e accettare qualche
coccola prima del sonno. Ma Pepe, gatto trovatello, oggi ha onorato il suo debito di riconoscenza. All’alba di mercoledì scorso, con un balzo, ha svegliato Domenico e Orietta. Lo ha fatto un attimo prima che la loro casa si spezzasse in due, fracassata dal cedimento della roccia su cui poggiava, frantumata dall’acqua delle alluvioni che martoriano il capoluogo
ligure. «Se non fosse stato per lui, ora saremmo là sotto», racconta Domenico mentre stringe Pepe tra le braccia. Domenico, che ha gli stessi colori del suo gatto, arrossisce di emozione. Racconta questa storia in cucina, a casa della suocera, Maria Ferrari, 67 anni, da poco vedova, sforzandosi di sorridere, accanto alla compagna. È un ospite, anche se non gli piace. Ha perso tutto, anche i ricordi. Ma la vita è salva.
La sua bella casa, che fu di contadini
per generazioni, non c’è più. Al suo
posto una voragine e qualche detrito.
«Sono un miracolato», riprende. «Dormivamo,
e improvvisamente Pepe, che
dorme ai piedi del letto, è saltato via,
agitato e miagolante. Mi sono svegliato,
ho sentito dei rumori. Piatti rotti,
posate che cadevano. Ho pensato che
fosse Pepe». Priano si è alzato per
andare a controllare. «Sono entrato
in cucina e tutto era storto, svirgolato
», racconta. «Ho visto una crepa
nel muro. Sono corso in giardino, mi
sono appoggiato alla ringhiera. Dove
c’erano le fasce, non c’era più nulla,
solo una voragine di fango nero».
UNA FUGA IN EXTREMIS
Orietta, che nel frattempo si era alzata,
ha accolto le urla del compagno con
un tuffo al cuore. «Ho preso Pepe in
braccio, Domenico per mano e ci siamo
precipitati fuori», dice in un soffio
la donna. «Ho avuto la prontezza di
svegliare i vicini, di incitarli a fuggire
», aggiunge. «Domenico ha salvato
il camioncino da lavoro e la macchina.
Nient’altro». Un istante dopo, la loro
casa crollava nella piccola valle sottostante.
Nella casa rurale di via Montecucco,
alle spalle di Prà, la località
dove è nato il pesto alla genovese,
abitavano sette persone. Oltre a Domenico
e Orietta, c’era anche un’altra
famiglia, proprio accanto a loro. Sono
tutti salvi. Grazie a Pepe, il gattino trovatello
salvato dalle acque un anno fa.
Ora restano la paura, le polemiche,
l’amarezza. Perché a Genova, ognivolta che guardi il cielo un brivido ti
attraversa la schiena. Ogni volta che
piove, si teme il peggio. Da un mese
e mezzo, dall’alluvione del Bisagno
del 9 ottobre, la paura serpeggia. «La
crisi si è portata via la mia azienda»,
dice amaramente Domenico Priano.
«Facevo cartoni per le pizze e altri
imballaggi. Avevo cinque dipendenti.
Sto liquidando. Ora l’alluvione si è portata
via la casa. Con i miei vecchi ho
sempre abitato in quelle zone, sono di
origini contadine. Non mi resta nulla,
se non la forza di chiedere aiuto».
A Prà la gente sfollata vuole aiuti
concreti, non proclami in vista delle
prossime elezioni. «I politici parlano,
promettono», interviene Orietta. «Ma
noi delle loro chiacchiere ne abbiamo
piene le tasche. Abbiamo bisogno
di interventi concreti. Di aiuti con le
assicurazioni, di facilitazioni burocratiche.
Imparino», dice sferzante, «da
chi è venuto alla porta di mia madre
con vestiti e scarpe per noi. Prendano
esempio da chi, appena conoscente, ci
ha offerto ospitalità in casa propria».
Di tutto questo parlare, Pepe non ha
capito molto. Ma, gattescamente, sa
che per una volta è lui il protagonista.
Guardingo e fiero offre il profilo agli
osservatori. Poi, sdegnoso, si allontana
nella nuova casa a cui suo malgrado
dovrà fare l’abitudine. È salvo. Lo sono
tutti. 

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