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martedì 18 novembre 2014

IL MIO AMICO? E UN PO ORSO'



Provateci voi a recitare per due mesi con un cucciolo di orso bianco. Tenero quanto volete, ma con artigli lunghi cinque centimetri... Oppure provate per ragioni di copione, a distrarlo dai suoi giochi preferiti (come quello di leccare il ghiaccio sul soffitto di un igloo) per abbracciarlo. E vedere che vi ringhia in faccia con i denti aguzzi. Provateci, e avrete un’idea dell’incredibile difficoltà di girare il film che vi stiamo raccontando. Un film che ha per protagonisti un tenerissimo cucciolo di orso polare e un ragazzino di 13 anni che lo vuole riportare da mamma orsa attraversando i territori ghiacciati dell’Artico. Brando Quilici, figlio del grande esploratore e documentarista Folco, ha ideato la storia e l’ha co-diretta (in particolare è autore di tutte le sequenze polari). E a Sorrisi ha raccontato i dietro le quinte di questo straordinario film. Cominciando da un segreto spiazzante: «Più che l’orso, abbiamo dovuto addestrare il ragazzo» racconta. «Nel senso che al cucciolo potevi insegnare ben poco: è un animale selvaggio al pari di una tigre o un’aquila. Invece Dakota Goyo, il protagonista umano, ha dovuto imparare come avvicinarsi senza spaventarlo o irritarlo, come dargli da mangiare, come giocarci insieme. Per fortuna aveva già fatto esperienza con il suo Labrador, dal quale è inseparabile. Ma non è la stessa cosa...». Tra il ragazzino e l’orso è scattato un legame inaspettato e intenso: «Non facevano che giocare insieme. Dakota non
aveva nessuna paura e spesso dovevo essere io a separarlo da Pisu, che è il
vero nome dell’orsetto, per ragioni di sicurezza. In fin dei conti è sempre un predatore...». La storia è una favola, «ma fino a un certo punto. Non mi stupirei di leggerne una simile sui giornali. Perché a causa del riscaldamento terrestre gli orsi polari si spingono sempre più spesso a far visita ai villaggi umani, con pericolo per entrambi. È così che mi è venuta l’idea del film». Tra le sequenze più spettacolari c’è quella della tempesta polare, che i locali chiamano «white out» perché diventa impossibile vedere attraverso il bianco accecante della neve. «Quella del film era finta, ma un’altra, vera, ha tenuto per tre giorni la troupe bloccata in un villaggio eschimese». Tutto, pur di girare vicino al polo. Il che ci porta a una domanda cruciale: perché l’Artico è così affascinante? «Perché è l’ultima vera frontiera rimasta sul pianeta » risponde Quilici. «E al contrario di quel che si pensa, è ricchissima di vita. La cosa più sorprendente è che i suoi abitanti non temono l’uomo: orsi e foche, balenotteri e volpi artiche ti vengono incontro senza paura. Magari un po’ di paura ce l’hai tu...». Trovare il bianco protagonista non è stato facile: «Negli zoo di tutto il mondo nascono solo 25 cuccioli all’anno. Pisu viene dalla Cina e aveva “alle calcagna” i responsabili del suo zoo, oltre a quelli di un’associazione ecologista, che vigilavano che fosse trattato bene». E a tutto si è aggiunto un altro imprevisto :«Avevo sottovalutato la velocità con cui
questi animali crescono! All’inizio delle riprese Pisu beveva solo latte e pesava
22 chili. Alla fine divorava salmone e ne pesava 38. Spero che sullo schermo
non si noti troppo...».

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