Il corpo perfetto, the perfect
body. Mai titolo fu più azzeccato per una campagna che lancia un nuovo
reggiseno, perfect, appunto, con protagoniste le uber modelle di Victoria’s
Secret. L’olimpo della bellezza, creature dalle misure aliene che esibiscono i
loro centimetri in biancheria mozzafiato. Ma quell’aggettivo, perfetto, non è
andato giù a tre agguerrite e normopeso studentesse inglesi, Frances Black,
Gabriella Kountourides e Laura Ferris. Che hanno lanciato una petizione sul Web,
definendo “irresponsabile” il claim pubblicitario del marchio americano. “Vorremmo”,
hanno scritto le tre ragazze sulla piattaforma change.org, “che Victoria’s
Secret si assumesse le proprie responsabilità per quel dannoso e malsano
messaggio, che promuove irrealistici e deleteri standard di bellezza. Vorremmo che
il marchio promettesse di non usare più queste pericolose pubblicità in futuro”.
Da qui la polemica, con oltre 20 mila firme virtuali raccolte, è passata a Twitter,
dove ha spopolato divenendo virale con l’hashtag #iamperfect, io sono perfetta.
Sottointeso: esattamente così come sono. Una tendenza, quella della critica al
sistema moda, che solo poche settimane fa aveva visto come bersaglio Stella
McCartney, rea di aver postato sui social network la foto di una modella
decisamente sottopeso, che aveva ricevuto una valanga di “Non mi piace!”, tanto
da costringerla a scusarsi e a rimuovere
l’immagine. Ma c’è chi, nel mare di polemiche contro Victoria’s Secret, ne ha
approfittato e ha messo in piedi una strategia. Il marchio britannico di intimo
JD Williams ha subito lanciato una campagna di risposta a quella di Victoria’s
Secret, dal nome #perfectlyimperfect, cioè perfettamente imperfetta.
<<Per promuovere>>, così hanno detto dai piani alti della casa di
underwear, <<la fiducia nel proprio corpo per tutte le donne, di tutte le
età, dimensioni e forme>>. Al centro di questa crociata per l’autenticità,
un’immagine speculare rispetto a quella di Victoria’s Secret, con dieci donne
normali, grasse e basse, alte e secche, giovani e vecchie, al posto delle
Barbie taglia “zero” protagoniste da Victoria. Una campagna che ha ricevuto il
plauso di molti, ma che ha fatto storcerne il naso ad altri, che l’hanno ritenuta
l’ennesima mossa acchiappa consensi, e soprattutto clienti, mascherata da
critica al sistema. Della serie: avete notato che tanto da Victoria che da JD
le modelle sono semi nude, pezzi di carne esposti come in macelleria alla
valutazione di tutti? Le donne vere finiscono infatti con il rientrare nella
categoria “brutte da esposizione” una categoria che ha un mercato, proprio come
le modelle grissino. Grasso, brutto, piatto, non è bello. E’ sistema. C’è chi
fa soldi sulle grasse, chi sulle brutte, chi sulle piatte. Chi sulle magrissime
e bellissime. Sempre e comunque sul corpo delle donne.
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