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giovedì 13 novembre 2014

BRANDO QUILICI: VI RACCONTO I MIEI AMICI ORSI


C’è un mondo meraviglioso lassù, immerso  nei ghiacci dell’Artico, che in primavera si trasforma in un paradiso, da conoscere e da proteggere. E dove gli animali non hanno paura dell’uomo. Parola di Brando Quilici, il famoso documentarista ed esploratore, figlio del grande Folco, che racconta a “Chi” il suo primo lungometraggio, Il mio amico Nanuk, emozionante avventura nell’artico canadese con protagonisti Nanuk, un cucciolo di orso polare di 4 mesi, e Luke un ragazzino in cerca di se stesso, che diventeranno grandi amici. Brando Quilici ha scritto la storia, raccolta nel libro Il mio amico Nanuk(Sperling & Kupfer), ha firmato la regia con Roger Spottiswoode e ha coprodotto il film, un progetto nato in Italia con Medusa Film.

Intervista
Domanda. Dopo oltre 100 documentari per le reti tv più importanti, da National Geographic a Discovery Channel, ha deciso di girare un film. Com’è nata questa idea?
Risposta. Volevo raccontare l’amicizia tra un cucciolo d’orso e un bambino che scopre la meraviglia dell’artico, questo mondo di ghiacci che in primavera si trasforma e si riempie  di vita, di luce, di animali; balene, narvali, orsi, che sono il simbolo della bellezza dell’Artico, ma anche della sua brutalità. L’orso è il re dei ghiacci, è un animale di una bellezza incredibile, furbissimo e curioso, ma non è un bonaccione. Se un orso incontra un cucciolo che non è suo, è non c’è la madre che lo difende, lo sbrana all’istante.
Domanda. Come è andata tra il protagonista del film, Dakota Goyo, e il cucciolo d’orso?
Domanda. Tra di loro si è creato un legame fortissimo, come se fossero fratellini, grazie all’addestratore Mark Dumas, che ha insegnato a Dakota come dare il biberon all’orso e come giocare con lui. Mai un graffio; Pezoo, questo è il vero nome dell’di Nanuk, accarezzava con la zampa la mano del ragazzo, malgrado gli artigli lunghi circa 5 centimetri, più taglienti di un rasoio. Tranne un episodio, nella scena finale.
Domanda. Ci racconti.
Risposta. Era la scena dell’abbraccio tra Dakota e Pezoo, chiusi in un igloo. Ma l’orsetto non era molto convinto a lasciarsi abbracciare. Non sappiamo bene che cosa sia scattato. Ma abbiamo visto Dakota uscire di corsa, bianco come il ghiaccio. Mark ci ricordava sempre che gli orsi sul set vanno lasciati liberi di agire. Al primo ciak ricordo la pazza corsa di Pezoo per tutto il set. <<Immobili come statue di cera>>, ci raccomandò Mark. Andò tutto bene. “Vittima” delle sue pazze corse è stato uno dei responsabili, che si occupava dell’orso e lo teneva al guinzaglio: lo ha trascinato in giro a 40 km all’ora, come facesse sci d’acqua.
Domanda. Una bella scommessa questo film, tra fiction e verità, con un protagonista un orso vero…
Risposta. Un’esperienza bellissima, ma anche molto complicata. Mille peripezie da affrontare, le resistenze di alcune associazioni ambientalistiche, la ricerca dello zoo con la madre orsa esperta; alla nascita l ‘orso è grande la metà della zampa dell’orsa, se la madre fa la mossa sbagliata lo può schiacciare. Dopo tante ricerche, abbiamo individuato l’acquario Dalian Laohutan Ocean Park a Pechino, in Cina. La vera “mission impossible” è stato girare nell’Artico in soli 32 giorni. L’orso cresce a una velocità impressionante. All’inizio pesava 22 chili, a  4 mesi ci potevi giocare. Mi divertivo a farmi mordicchiare sul braccio, protetto da una spessa manica. Poi ha cambiato dieta, da 6 biberon al giorno di latte, al salmone, il cibo prediletto. E’ cambiato il suo sguardo. Aveva “l’occhio del diavolo”, pronto a mordere.
Domanda.  Altre avventure sul set?
Risposta. Una volta si è staccata la banchisa, alta un metro e mezzo, ed è scivolata via, con sopra una troupe di 100 persone.
Domanda. Tra gli effetti del riscaldamento globale si parla della riduzione della popolazione degli orsi da 25.000 a 6.000 unità, è dei km quadrati dell’Artico, da 8.000 nell’81 a 4.000 nel 2012.
Risposta. Le conseguenze arrivano anche da noi nel Mediterraneo. Sono tornato nell’Artico dopo dieci anni dal primo documentario. Al nostro primo “incontro” mi sono perdutamente innamorato degli orsi. Quel territorio incontaminato, un paradiso dove migravano tutti i mammiferi marini, oggi per il surriscaldamento si è trasformato in mare aperto, solcato dalle navi mercantili. Ricordo il mio primo documentario per il censimento degli orsi polari, nella baia di Hudson, al fianco del ricercatore Malcom Ramsey, che aveva il compito di mettere dei radio collari agli orsi. Ci avvicinavamo a bordo di elicotteri, gli orsi al rumore di questi “calabroni” correvano impazziti. Dall’elicottero si sparava un dardo con l’anestetico,  poi si scendeva e si concludeva l ‘operazione collare. L’anestetico è un farmaco che li paralizza, ma ti vedono. Occorre il massimo silenzio.
Domanda. La scorsa estate, la morte dell’orsa Daniza in Trentino, uccisa da anestesia durante la cattura, ha scatenato polemiche.

Risposta. Credo siano stati fatti degli errori. Un esempio di disorganizzazione e impreparazione, forse. Quando si usa quell’anestetico occorre valutare il peso dell’orso. Se sbagli la dose, l’orso muore. Uccidere una mamma orsa con due cuccioli è un delitto. I cuccioli stanno con la madre per due anni. Così piccoli non sopravvivono all’incontro con un lupo o un altro orso. Spero riescano a cavarsela.

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