Maurizio Costanzo, da vecchio giornalista, risponde a tono a qualunque
domanda. L’unica, minima incertezza la si percepisce quando gli si chiede di
quale ospite del «Maurizio Costanzo Show» sia più orgoglioso. «Che vuole che le
dica... Di tutti» risponde dopo una micropausa.
«Ricorderei piuttosto la
colletta organizzata nel ’94
per un paesino piemontese rimasto isolato dopo il crollo di un ponte… Ma non
mi faccia dire queste cose, detesto citarmi». In realtà tutta la sua ultima
trasmissione, «Maurizio Costanzo Show - La storia», è un’autocitazione. In
onda la domenica sera su Canale 5, l’antologia riprende brani dello storico show
commentati dallo stesso conduttore
insieme a un ospite. «L’idea» spiega Costanzo «nasce dal successo ottenuto su
Mediaset Extra, dove sono andate in onda 35-40 puntate. Abbiamo pensato di
riproporre il programma su Canale 5,con la presenza di un personaggio con cui
dialogare, e il successo si è consolidato. Mi fa piacere, significa che lo show
è ancora vivo nella memoria di tanti».
Intervista
Domanda. Cosa ha insegnato alla tv il suo
programma?
Risposta. «Come
si fanno i talk show. Qualcuno ultimamente se n’è
dimenticato e infatti vanno male».
Domanda. Quale parte della lezione
secondo lei è stata dimenticata?
Risposta. «Che bisogna sempre toccare vari temi,
leggeri e impegnati e non dedicare intere puntate a un solo argomento».
Domanda. Quindi il talk show non
sarebbe morto, come si dice.
Risposta. «Io non ci credo. D’altronde non è finito in nessuna parte del mondo: il problema
è come viene fatto. Del resto si è affermato che è morta la fiction, ma non è
vero neanche quello: va male solo
se è di qualità scadente».
Domanda. Lei ha avuto moltissimi ospiti.
Risposta. «Credo 40.000: un’intera cittadina...».
Domanda. Molti personaggi sono stati
lanciati proprio dal suo programma. Le sono stati sempre grati?
Risposta. «Sì, nel 99,9 per cento dei
casi: una percentuale molto alta rispetto a quella che si registra di solito
nel mondo dello spettacolo e nella vita in generale. Comunque sul lavoro non ho
mai fatto grande affidamento sulla gratitudine».
Domanda. Qual
era secondo lei la caratteristica
vincente del suo programma?
Risposta. «Sicuramente il fatto di
unire l’alto e il basso, condensando nella stessa puntata un ospite importante
e un comico, un concetto alto, magari di filosofia, e una storia bizzarra».
Domanda. Quali talk show vede oggi?
Risposta. «Ho sempre seguito
“Servizio Pubblico” di Michele Santoro, non solo per amicizia, ma anche per la
stima che gli porto. Non mi dispiace “Piazza Pulita” di Corrado Formigli anche se
talvolta è un po’ rumoroso: troppe voci si sovrappongono una all’altra».
Domanda. Lei inventò la «seconda
serata», una fascia che oggi sembra sparita.
Risposta. «Non credo. Vespa mantiene
salda su Raiuno la sua posizione e anche su Canale 5 la seconda serata si
difende. Il vero problema è un altro: qualcuno, sbagliando, continua a pensare
di rivolgersi ai giovani che invece preferiscono
il web. Su Raiuno io faccio
un programma il sabato a tarda sera, “S’è fatta notte”, che va bene anche
perché lo vede un pubblico di età medio-alta. Non si può unire il pubblico di
tutte le età o rivolgersi principalmente ai giovani, altrimenti si hanno delle
delusioni».
Domanda. Tornasse indietro, a chi o
che cosa
eviterebbe di dare spazio?
Risposta. «Le dico la verità, il
programma lo rifarei così com’è. Più passa il tempo e più me ne convinco».
Domanda. Sta pensando di riportarlo
in tv?
Risposta. «Chissà. Ogni tanto ne
parliamo, le posso dire solo questo».
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