Kate fa la figura della “duchessa muta”. Non dà interviste e si espone poco. Ma anche
come icona fashion vacilla. La notizia è questa: se parliamo di stile, Michelle batte Kate cinque a uno. Parola di americani, che è vero, sulla questione possono essere un tantino di parte, ma hanno analizzato la cosa in modo rigoroso.
Primo, avere un proprio stile riconoscibile e definito.
Due, mostrarsi a proprio agio.
Tre, avere una certa spontaneità che rende il proprio stile sempre moderno.
Quattro, essere fieramente indipendente.
Infine, avere in sé una certa capacità di provocare.
Ecco, se ci mettiamo a fare i conti, tabellina alla mano, Michelle totalizza 5 punti su 5: è indipendente, sicura, grintosa, chic e modernissima.
E Kate, che pure è più giovane, più magra, più bella? «Il fatto è che la principessa non riesce mai a essere davvero glamour...», scuote la testa
l’esperta di moda Giusi Ferrè.
CONTA LA PERSONALITÀ
«Kate è una bella ragazza, ma un po’ ordinaria: il capello sempre appena fonato, l’abitino bon ton senza mai un guizzo.
Michelle, invece, ha una tale personalità da far passare in secondo piano anche il suo fisico
possente e un viso non esattamente bellissimo».
Personalità, ecco la parola chiave.
E Amal? «Bella, sì, ma pare un po’ teleguidata: si
vede che il suo guardaroba è curato da uno staff di dieci persone», risponde Ferrè.
Charlotte, allora.
«Lei sì, è un incanto, naturalmente elegante,
mai fuori posto, nemmeno in jeans e con il marsupio del bebè appeso
addosso ».
Quanto alle italiane, il discorso si fa più complicato: «La maggior parte delle attrici si fa condizionare dallo stilista di turno, con il
risultato che non hanno mai un’immagine propria, distintiva», dice Ferrè.
Tra le style icons nostrane c’è
Margherita Missoni, col suo hippy-chic pieno di poesia.
Più classica, ma sempre a proprio agio, Beatrice Borromeo, capace di passare dai pezzi di cronaca al Ballo della Rosa in un attimo. E poi la
splendida Kasia Smutniak, bella come poche, intelligente, sensuale.
MAI SCHIAVE DELLA MODA
«La mia preferita, però, è sicuramente la curatrice d’arte Ambra Medda», assicura Ferrè. «Ragazza
particolarissima, piena di charme, capace di mischiare vintage e giovani stilisti, colta, curiosa.
E mai schiava della moda». Ma c’è chi pensa che l’icona di stile non esista più.
«È una definizione che appartiene ad altre epoche: nel mondo del web e dei selfie nulla può essere “atemporale”», spiega Michela
Gattermeyer, vice direttore di Gioia.
«E anche essere molto eleganti non basta: ci sono donne bellissime che indossano abiti stupendi, ma non colpiscono. La differenza sta in una certa luce negli occhi, nel fatto di essere diverse,
pioniere.
Come Katherine Hepburn, la prima donna a mettersi tailleur
pantalone e cravatta, Twiggy, la prima a infilarsi una minigonna o Peggy
Guggenheim e i suoi occhiali eccentrici.
Se non rompi le regole, che icona sei?». Per questo Michelle ha stravinto? «Esatto. Prendiamo quelle braccia così muscolose: un’altra le avrebbe nascoste, troppo poco femminili.
Lei le mette in evidenza, sempre. E sta benissimo», spiega Gattermeyer. «O
pensiamo a Lady Gaga, diva del
trasformismo.
Prima o poi si scoccerà di mettersi un granchio in testa per
stupire, ma è un dato di fatto che ha saputo inventarsi un’immagine che prima non c’era».
La vera forza, insomma, non sta (solo) nel bel guardaroba. Serve di più. «L’icona di stile del futuro?», commenta Gattermeyer. «Lancio una
provocazione: Angela Merkel e le sue giacchine colorate. Per la forza che ci sta sotto».
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