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mercoledì 5 novembre 2014

TIZIANO FERRO:La differenza tra me e... me

È il suo momento d’oro: un singolo fortissimo, una raccolta
in arrivo, l’annuncio di un tour negli stadi e un video in cui
incontra il giovane se stesso: «Sono cambiato, ora posso essere felice»

Nella maggior parte dei casi  quando inizi a fare il cantante hai una lista di desideri.Non necessariamente
si tratta di salvare il mondo.
Sono traguardi personali, faccende
intermedie. La mia suppergiù era questa.
Primo: vedere la mia faccia stampata sulla
copertina di un disco. Secondo: cantare
sul palco dell’Ariston. Terzo: girare un
video a New York». Tiziano Ferro è felice.
In giro c’è il suo nuovo singolo, «Senza
scappare mai più», che si appiccica addosso
al primo ascolto. A distanza di una
settimana dall’uscita in radio è arrivato il
video, nel quale il nuovo Tiziano incontra
tutti i «vecchi se stesso», quelli che erano
protagonisti dei video passati. «L’idea l’ho
avuta parecchi anni fa. E sì, è uno di quei
progetti che avevo inserito nella mia lista
di cose da fare prima o poi nella mia vita».
Nell’interpretare se stesso è vestito
con gli abiti che ha indossato nel
corso degli ultimi 13 anni.
«Sono quelli originali, nella maggior parte
dei casi. Mi è capitato spesso di offrire
le mie cose in aste benefiche, ma a quei
vestiti ero affezionato. Ed è sempre bello
scoprire che ti stanno ancora…».
Nel testo parla a se stesso?
«No. L’ho scritto nel pieno di una dolorosa
crisi di coppia, peraltro mai risolta. Ma
è applicabile a tutto: a se stessi, a ciò che
è cambiato dentro di noi. Il primo titolo
era “Correrei”, poi la canzone si è andata
trasformando nelle mie mani».
«Senza scappare mai più» anticipa
una raccolta dei suoi singoli corredata
da inediti e rarità. Il genere di
dischi che si fa per ricorrenze solenni.
Dieci, 20 anni di carriera. Non 13...
«Ho sempre fatto le cose solo quando
sentivo che era giusto. Per contratto dovevo
un “Greatest Hits” alla casa discografica
per celebrare i dieci anni dall’esordio.
Ho chiesto come favore personale
di poterlo rinviare di un anno, e poi di un
altro e un altro ancora. Sento molti che
si lamentano della discografia. Io invece
sono riconoscente alla mia etichetta per
la libertà che mi ha concesso mandando
al diavolo le scartoffie e gli accordi legali».
Il singolo è così forte che dispiace
non sia parte di un disco tutto nuovo.
«Ma no… Questa canzone è spuntata
fuori così ed era perfetta per anticipare
una raccolta. In un album di inediti sarebbe
stato sì e no il brano numero otto».
Ne è convinto?
«A dire il vero no. Ma ho preferito evitare
di scoprirlo alla prova dei fatti. Ma è un
buon biglietto da visita per un rientro».
Nella versione doppia della raccolta
ci sono altri quattro inediti e tutti i
singoli pubblicati sin qui. Non li ha
ri-registrati, però.
«L’ho fatto di proposito. Per me una
raccolta è un album di ricordi: quando
riascolto una canzone voglio che sia l’originale.
So che “Fiore di maggio” è stata
reinterpretata da Concato in mille modi,
tutti belli, ci mancherebbe. Ma quando
penso a quella canzone penso solo alla
prima versione che ho ascoltato».
La raccolta uscirà il 25 novembre
in quattro versioni, una doppia
e tre quadruple: queste ultime
includono tutti i suoi duetti, rarità
e registrazioni inedite. Non è
rimasto fuori nulla?
«Solo una versione di “Centro di
gravità permanente” che ho cantato
tanti anni fa in un concerto a Baden
Baden, in Germania. Era fantastico
sentire i fan tedeschi che gridavano
“Ti-zia-no, Ti-zia-no” (scandisce con
accento tedesco, ndr). La qualità
della registrazione era davvero
troppo scadente, però».
Che effetto le ha fatto indossare
i panni dei vecchi
Tiziano Ferro nel video?
«Li avrei voluti abbracciare
tutti, quei vecchi
Tiziano. Ma è
evidente che
in alcuni di
loro mi riconoscoancora, in altri non più. Ma non rinnego
nulla, sia chiaro. Detesto le persone
che prendono le distanze da ciò che hanno
fatto in passato».
Quale di quei Tiziano non esiste più?
«Quello che investiva sulla negatività.
Per anni ho alimentato tanti pensieri bui.
Rabbie, rancori, disistima. Cose tipiche
dell’adolescenza. Quando è arrivata, io
l’ho dovuta mettere in pausa. Sono diventato
molto famoso in un’età in cui i ragazzi
di solito si scoprono uomini. A 20 anni in
fondo dovresti fare solo questo. Io, invece,
non ho potuto. E in seguito ho dovuto
passare per ogni genere d’intemperie.
Ora finalmente vivo serenamente accettando
quello che non posso cambiare.
Con il sorriso sulle labbra. Ecco, questo
è cambiato in me. Sono invece molto più
incline a cambiare ciò che posso. Non mi
tengo più tutto dentro per poi esplodere
all’improvviso combinando un disastro.
La cui vittima principale, comunque, ero
sempre e solo io. Oggi ho imparato a gestire
dieci piccole esplosioni al giorno».
Un esempio di «piccola esplosione»?
«Dico le cose come stanno. Chiedo alle
persone di rispettare i miei tempi. Non mi
rimetto più alle esigenze degli altri, ho
capito le mie priorità e ho
scoperto di poter chiedere
di rispettarle alle persone
che mi circondano. Basta
spiegare le cose con gentilezza
e le persone capiscono
senza drammi».
Non sembra difficile.
«A dirlo così no. Ma
quando sei schiacciato
da mille insicurezze e da
una montagna di disistima
verso te stesso posso assicurare
che è un’impresa».
Di solito chi diventa
famoso molto giovane
si sente onnipotente.
«Io però vengo dalla provincia.
E in provincia le
mamme del dopoguerra
hanno educato i figli alla
sofferenza, come se solo
nel dolore ci fosse dignità.
Quindi se hai successo,
allora c’è qualcosa di
sbagliato in te, perché
probabilmente non ti sei
meritato quello che hai.
Ci ho messo molto tempo a non sentirmi
sbagliato, a star bene».
Sente di essersi perso qualcosa?«Per molto tempo non
mi sono goduto la vita.
Neppure nelle piccole cose,
neppure nel successo».
Cosa rimpiange di più?
«Sarà banale, ma sento
di aver rinunciato a molto
nella sfera sentimentale.
Ho perso troppo tempo a
rincorrere le aspettative
e i parametri di normalità
degli altri. Nel frattempo
mi sono ritrovato a 30 anni
del tutto impreparato.
Ero un uomo, ma la mia
formazione sentimentale
era ancora quella di un
adolescente».
Anche la sua musica è
cambiata con lei.
«Prima nelle mie canzoni
c’era il mondo che desideravo.
Ora prima vivo,
poi scrivo nelle canzoni
quello che ho vissuto».
Rispetto a quando ha
iniziato ora il mercato
italiano è monopolizzato
dagli artisti hip hop.
«Ne sono felice, quello è il mondo da cui
provengo. Vedere i ragazzini che compra-
no dischi rap mi fa star bene. Agli esordi
facevo il corista ai Sottotono, oggi mi
sento un po’ lo zio di tutto il movimento».
Di tutto tutto?
«Come ovunque ci sono dei fuoriclasse.
Fabri Fibra è mostruoso nella scrittura
dei versi. E Marracash sa stare sul palco
come pochi. Va beh, poi mi fa ridere
chi…» (s’interrompe bruscamente,
ndr).
Chi?
«Non voglio parlar male di nessuno».
Non facciamo nomi.
«Se vuoi fare rap devi almeno saper
maneggiare l’italiano. Conoscere la
grammatica, la sintassi, cose così…».
Continua a rifiutare i social network
come «più efficace strumento
di stalking esistente»?
«Non è roba per me. Per filmare il mio
video dell’“Ice bucket” (la secchiata di
acqua gelata per raccogliere fondi a
favore della ricerca sulla Sla, ndr) ci
ho messo 48 ore. Rihanna l’ha filmato
in 40 secondi usando il cellulare. Di recente
ho dovuto mettere il mio nome su
Google dopo anni. Difficile chiedermi
di più».
Perché ha «dovuto»?
«Per riguardare i vecchi Tiziano Ferro
da impersonare nel video».
E perché «dopo anni»? Tutti cercano
il proprio nome su Google…
«Meglio non farlo, non può venirne
fuori niente di buono. Agli inizi di carriera,
quando non ero famoso, cedevo alla
tentazione ma ne uscivo sempre con le
ossa rotte. Una volta una ragazza scrisse
che mi aveva visto dietro le quinte dopo
un concerto ed ero strafatto. Io non ho
mai fumato neppure una sigaretta. Ero
distrutto. Forse è stata lì la prima volta in
cui ho pensato d’aver sbagliato lavoro».
Le capita ancora di pensarlo?
«Per molto tempo è successo. Ora una
volta al mese, forse. Le altre 29 sere penso
che questo lavoro mi ha salvato la
vita».
Parliamo di Sanremo?
«Sono felicissimo che lo conduca
Carlo Conti, sarà bellissimo. Il Festival
ha bisogno di qualcuno che parli alle
persone. E lui viene dalla radio, sa come
si fa».
La sua ultima volta sul palco
dell’Ariston è stata come ospite
nel 2007 con Baudo conduttore. Ci
tornerebbe?
«Sarebbe stupido fare lo snob, a me il
Festival piace da matti. Ma sia chiaro,
non ho ricevuto alcuna telefonata».
È appena stato ospite di «X Factor».
Ha mai pensato di fare il giudice in
un talent italiano?
«Me l’hanno proposto. Quasi tutti».
E perché finora ha detto no?
«Non me la sentivo. I talent hanno preso
il posto dei concorsi come Sanremo
Giovani, ma il loro meccanismo mette
in difficoltà gli artisti che avrebbero
bisogno di tempo per crescere. Io, per
esempio, in un talent sarei finito a pezzi.
È per gente che ha un carattere già
formato, come Alessandra Amoroso».
Lei potrebbe essere molto utile
al concorrente di un talent proprio
perché ragiona così.
«Non escludo di accettare, in futuro».
La tv è una faccenda complicata.
«Lo so, ma a me piace. Molto più di
Internet. E mi piace anche la radio. Lo
vede che sono vecchio?».
Farebbe un programma in radio?
«Diciamo che mi ci vedrei».
La prossima estate sarà in tour
negli stadi.
«Quando ho affrontato l’Olimpico di
Roma nel 2009 ero emotivamente impreparato.
Quel tour era pensato per i
palazzetti. Ora sono pronto, voglio che
sia una festa».
Un altro sogno sta per essere realizzato
nella personalissima lista di Tiziano.

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